Tratto da: http://www.volkstaat.it/
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Parlando di nazione Boera, così come di patriottismo e libertà, su  questo sito si affrontano tutti gli argomenti con uno spirito che  contrasta con l’ideologia capitalista-comunista imperante del “politicamente corretto”.
Il  testo che segue – tradotto da Gian Franco Spotti - propone pezzi di un  articolo di William S. Lind, della Free Congress Foundation, “Svelate le  radici marxiste del politicamente corretto”, che analizza tale  dottrina-strumento.
Il politicamente corretto non è altro che  AIDS intellettuale. Ogni cosa che tocca, la contagia e poi la uccide.  Nei campus dei college […] esso ha ridotto la libertà di espressione,  alterato le valutazioni referenziarie, politicizzato le selezioni e  sostituito l’integrità intellettuale con slogan insulsi.
A scuola,  classe dopo classe, i docenti trasmettono discorsi ideologicamente vuoti  e ampollosi che gli studenti sono costretti a rigurgitare per avere un  voto. Questi luoghi, e sono tanti, non sono più università ma tante  piccole Coree del Nord coperte da un velo di snob.
Che cos’è allora il Politicamente Corretto?
Le  persone “politicamente corrette” nei campus universitari, a dire il  vero, non vogliono che voi conosciate la risposta a questa domanda.
Perché? Perché il politicamente corretto non è altro che marxismo tradotto da termini economici in termini culturali.
Le  analogie sono ovvie. Per prima cosa sia il marxismo economico classico  che il marxismo culturale, cioè il politicamente corretto, sono  ideologie totalitarie. Entrambi insistono su “verità” che sono contrarie  alla natura e all’esperienza umana.
Contrariamente al marxismo  economico, non ci sono cose come “società senza classi” […].  Contrariamente al politicamente corretto, uomini e donne sono diversi,  come lo sono i loro ruoli nella società; le razze e i gruppi etnici  hanno specifiche caratteristiche e l’omosessualità è anormale. Siccome  il solo modo nel quale la gente accetterà le “verità” degli ideologi è  se vi saranno costretti, essi vi saranno obbligati dalla piena azione di  potere dello stato se i marxisti dei due schieramenti lo  controlleranno.
La seconda analogia è che sia il marxismo classico  che il marxismo culturale hanno spiegazioni da singolo fattore nella  storia. Il marxismo classico sostiene che tutta la storia è stata  determinata dalla proprietà dei mezzi di produzione. I marxisti  culturali del politicamente corretto dicono che la storia è definita da  quei gruppi, identificati per sesso, razza e normalità o anormalità  sessuale, che hanno il potere sugli altri gruppi.
La terza analogia è  che entrambi i tipi di marxismo definiscono alcuni gruppi come buoni e  altri come cattivi a priori, senza considerazione per l’effettivo  comportamento degli individui.
Così il marxismo economico definì operai e contadini come buoni e quelli appartenenti alla classe media come cattivi.
Il  marxismo culturale definisce i neri, gli ispanici, le femministe, gli  omosessuali e alcune altre minoranze come buoni mentre i bianchi sono i  cattivi.
Il politicamente corretto non riconosce l’esistenza di donne  non femministe e considera i neri che rifiutano questa ideologia come  bianchi.
La quarta analogia sta nei mezzi: esproprio. […] I marxisti  culturali, nei campus universitari e nei governi, impongono penali  sull’uomo bianco e danno privilegi ai gruppi di loro favore. L’Azione  Affermativa [insieme di leggi che favoriscono i non-bianchi, ndr] è un  esempio di questo tipo di esproprio.
Alla fine entrambi i tipi di  marxismo impiegano un metodo garantito di analisi per mostrare la  correttezza della loro ideologia in ogni situazione. Per i marxisti  classici il metodo e l’economia marxista. Per i marxisti culturali il  metodo è linguistico: decostruzione.
La decostruzione per prima cosa  rimuove ogni significato dai “testi” per poi inserire un nuovo  significato: in un modo o nell’altro il testo illustra l’oppressione di  donne, neri, omosessuali ecc. da parte degli uomini bianchi e della  cultura occidentale.  Il significato dato dall’autore è irrilevante.
Queste  analogie non sono casuali. Esse esistono perché il marxismo culturale  del politicamente corretto deriva in effetti dal marxismo classico,  economico, particolarmente grazie al lavoro della Scuola di Francoforte.  In seguito alla Prima Guerra Mondiale i marxisti affrontarono un  difficile quesito: perché il proletariato in tutta Europa non si è  sollevato e instaurato un nuovo ordine marxista, come invece avrebbe  voluto la loro ideologia?
Due pensatori marxisti di primo piano,  Antonio Gramsci in Italia e Georg Lukacs in Ungheria, arrivarono con la  risposta: la cultura occidentale.
La cultura occidentale ha accecato i  lavoratori per i suoi veri interessi di “classe” a tal punto da non  metterli in condizione di reagire. Quindi prima che il socialismo  potesse arrivare al potere, la cultura occidentale doveva essere  distrutta.
Nel 1919 Lukacs pose la domanda: “chi ci salverà dalla civilizzazione occidentale?”
In  qualità di Commissario Delegato alla Cultura durante lo stesso anno,  nel governo bolscevico ungherese di Bela Kun, la prima cosa che fece fu  quella di introdurre l’educazione sessuale nelle scuole ungheresi.
Nel  1923, Lukacs ed un gruppo di intellettuali marxisti tedeschi, fondò un  “think-thank” (gruppo di studio e ricerca) con l’obiettivo di tradurre  il marxismo da termini economici in termini culturali, l’Istituto per la  Ricerca Sociale all’Università di Francoforte. Nel 1933, quando i  nazionalsocialisti arrivarono al potere in Germania, la Scuola di  Francoforte traslocò a New York.
Laggiù, le sue figure chiave come  Theodor Adano, Erich Fromm e Wilhelm Reich svilupparono una teoria  critica: “un incrocio tra Marx [Karl Marx, cognome originario della sua  famiglia: Mordechai. Ndr] e Freud che definisse i componenti chiave del  pregiudizio della cultura occidentale”, cioè una malattia psicologica.
Il  nesso fra la Scuola di Francoforte e la rivolta studentesca degli anni  60 fu fatto principalmente da un membro chiave della Scuola di  Francoforte, Herbert Marcuse, colui che negli anni 60 coniò la frase  “fate l’amore, non la guerra”.
I libri di Marcuse “Eros” e  “Civilization” sostenevano che gli strumenti coi quali distruggere la  cultura occidentale erano, in effetti, sesso, droga e rock-and-roll.
Egli  rese popolari le idee della Scuola di Francoforte in modo tale che gli  studenti radicali degli anni 60 poterono capire e assimilare.
Brava Fania!
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