giovedì 3 dicembre 2009

Spunti di riflessione (da Thule Italia)

Ho estrapolato questa risposta data nel confronto che si sta tenendo sul forum Thule sulla questione sorta dopo il referendum sui minareti perchè la reputo interessante come "diverso modo di ragionare".

Questioni spinose quelle sollevate dai diversi interventi, che appaiono secondo me sfumature diverse di una medesima questione fondamentale:
l'identità

Essa,nella sua concezione di mito/guida, è un problema per chi vorrebbe creare un europeo "nuovo" sostanzialmente cosmopolita, praticamente privo di radicamento in una specifica identità o tradizione di qualsivoglia tipo presente nel nostro patrimonio storico.
Quali sono i "confini" d'Europa? In altre occasioni ne abbiamo discusso, ed abbiam letto o sentito un simile quesito.
"Identità" e "confine" sono instretta relazione.
L'identità pone un limes che separa "noi" da "loro", ma chi siamo "noi"?
Questa che sembra essere un'erudita disquisizione sillogica cela in realtà una trappola. Poichè se l'europeo "nuovo" deve esser cosmopolita, allora potrebbe divenire cittadino europeo
chiunque, dunque potrebbe dirsi "Europa" qualsiasi Stato.
Questa è sostanzialmente la politica dell'UE, ma anche l'orentamento di molti post-moderni che ci camminano a fianco.
Quando un' idea perde il suo radicamento sfuma nell'evanescente, nel biodegradabile, nel riciclabile. Dunque il problema non sono le altre tradizioni nel senso completo del termine, o più semplicemnete le altre dinamiche socio/culturali, ma la mancanza di radicamento di una
"nostra" identità che possa servire da limes.
Gli allogeni afro/asiatici hanno stabilito un legame con il nostro territorio? Certo! E lo hanno fatto diventare il "loro" territorio, ma non aggrappiamoci ai facili schematismi. Il problema delle comunità allogene non si risolve arginando questo o quel fenomeno visibile, ma su di un doppio fronte.
Un fronte interno: il più difficile, che implica il ripristino di una idea/forza in gran parte dei livelli della società autoctona, per fare in modo che avvenga una riconversione antropologica da "società" a " comunità".
Un fronte esterno: che implica una progressiva marginalizzazione dei canali d'approvvigionamento della società multi etnica, fino ad una loro desertificazione.
Ciò implica non la "crociata" contro la moschea o la nenia su abbigliamento e simbologia, bensì qualche cosa di più importante nei tempi ultimi; l'economia.
Il consumismo e l'economia di "crescita" infinita implicano giocoforza la necessità di nuovi tipi di fruitori di beni. Cosa meglio di un coacervo di sradicati può produrre un consumatore di seconda o terza generazione?
A me non preoccupa la bambinetta "Maghreb" con il velo, a me preoccupa vederla con il cellulare o con l' i-pod, e vi posso garantire che non è una visione onirica,ma ne ho ben avuto le prove visive. La consumatrice di seconda o terza generazione,quella che sostituirà i vecchi consumatori euro/fiacchi, questo è il problema.
Dietro a questa semplice immagine si cela una complessa struttura sub-culturale ed economica, che trova quasi sempre complici e conniventi proprio in quei soggetti che vorrebbero debellare il cancro che affligge la NOSTRA civilizzazione, con l'aspirina della demagogia populista.


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